Noi non possiamo essere imparziali
possiamo essere soltanto
intellettualmente onesti

gaetano Salvemini
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Donne e Pensiero Politico (DoPP)

un progetto 
a cura di Cristina Cassina, Giuseppe Sciara e Federico Trocini

Il numero delle pubblicazioni tendenti a valorizzare il ruolo delle donne nella storia e nella società è ormai da tempo in costante crescita. Basta dare un’occhiata alle uscite più recenti per rendersi conto che attualmente disponiamo di una gamma piuttosto ampia di testi dedicati alle più svariate figure femminili e in particolare a quelle donne che, sfidando il tradizionale monopolio maschile, sono via via riuscite a distinguersi in ambiti socio-professionali – dalla scienza alla politica, dallo sport all’imprenditoria – da cui sono state a lungo pregiudizialmente escluse. In parziale controtendenza rispetto a quanto appena detto, nel più ristretto campo degli studi sulla storia del pensiero politico è invece possibile constatare la tenace resistenza di un paradigma interpretativo che tende a relegare in seconda fila, se non a marginalizzare del tutto, il contributo teorico femminile. Se si prescinde da alcuni importanti lavori – tra cui ad esempio quello di Karen Green –, anche i più diffusi e autorevoli manuali di storia del pensiero politico, specie in Italia, continuano ancora oggi ad adottare una prospettiva tradizionale che privilegia il ruolo ricoperto dai ‘teorici’ a discapito di quello ricoperto dalle ‘teoriche’. L’idea a monte di Donne e Pensiero Politico (DoPP) è semplice: dare vita a un progetto che, abbinando ricerca e divulgazione, favorisca la creazione di una piattaforma che metta in luce il contributo offerto dalla prospettiva femminile al dispiegamento di alcuni concetti fondamentali della ‘modernità politica’. L’obiettivo del progetto è, in tal senso, duplice: da un lato ripercorrere la storia del pensiero politico secondo una ‘prospettiva al femminile’ che risulti funzionale alla riscoperta di un’altra storia – quella che vede appunto protagoniste le pensatrici della politica – intesa non già come aliena e contrapposta a quella di matrice maschile, ma come parte strutturalmente integrante di essa; dall’altro contribuire a un rinnovamento dei contenuti e dei metodi della storia del pensiero politico. L’iniziativa con cui diamo avvio a DoPP consiste nella diffusione a cadenza settimanale di video-lezioni, concepite per un pubblico di studenti, insegnanti e giovani studiosi, tramite cui desideriamo riesaminare i profili intellettuali delle più interessanti pensatrici tra Sette, Otto e Novecento ed effettuare una prima ricognizione sul rapporto tra ‘donne e pensiero politico’. Non seguendo un criterio meramente cronologico, ma passando da pensatrici quali Hannah Arendt, Madame de Staël, Agnes Heller, Dorothy Day, da Flora Tristan, Bertha von Suttner (1843-1914) e molte altre, ricostruiremo un percorso tematico che copre oltre due secoli di storia del pensiero politico ‘al femminile’.

Betty Friedan e la mistica della femminilità. Video-lezione di Greta Mastroianni Greco

Con la sua sessantatreesima video-lezione, interrompiamo la sequenza di pensatrici di origini europee cui ci siamo dedicati nelle ultime settimane e passiamo sull’altra sponda dell’Atlantico. Torniamo cioè negli Stati Uniti e, in particolare, negli Stati Uniti del secondo dopoguerra e prendiamo in esame la figura di Betty Friedan (1921-2006), madrina del femminismo bianco di “seconda ondata”. Saggista, giornalista, attivista e teorica femminista, Betty Friedan diede voce al malessere delle donne statunitensi degli anni Cinquanta, contestando la perdurante immagine tradizionale della donna interamente ed esclusivamente dedicata alla cura del marito, dei figli e della casa. Autrice de “La mistica della femminilità” (1963) influenzò a fondo il femminismo internazionale degli anni Sessanta e Settanta, ricoprendo un ruolo decisivo anche nella fondazione nel 1966 del NOW (National Organization for Women). A presentarcene la figura e il pensiero è Greta Mastroianni Greco, attualmente dottoranda in Studi di Genere presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di “Roma Tre”.



Milly Witkop e la Lega sindacalista delle donne. Video-lezione di David Bernardini

Con la sua sessantaduesima video-lezione, DoPP torna alla Gran Bretagna tardovittoriana e alla Germania weimariana, per concentrarsi su un’altra figura estremamente interessante, ancorché misconosciuta, della galassia anarchica: l’ebrea di origine ucraina Milly Witkop (1877-1955). Fautrice di un “anarco-femminismo” o, se si preferisce, di un “femminismo proletario e libertario”, Milly si trasferisce giovanissima a Londra. Qui fa esperienza diretta del brutale sfruttamento di cui sono vittima i lavoratori tessili del West End londinese e si avvicina agli ambienti dell’anarchismo di lingua yiddish. Schierata su posizioni antimilitariste alla vigilia del 1914, trascorre gran parte del periodo bellico in internamento e solo nel 1918, una volta riacquisita la libertà, si trasferisce a Berlino. Qui prende parte alla fondazione della Freie Arbeiter-Union Deutschlands (FAUD) e alla discussione che si sviluppa in relazione al tema delle forme di organizzazione che le donne devono darsi all’interno del sindacato anarchico. Promotrice del Syndikalistischer Frauenbund (SFB), Milly Witkop denuncia quanto sia la fabbrica, sia la famiglia siano dominate da rapporti di tipo patriarcale, sottolineando la necessità che la lotta di classe debba coniugarsi con quella in favore dell’emancipazione femminile. Costretta ad abbandonare la Germania all’indomani del 1933, ripara negli Stati Uniti insieme al compagno della sua vita, l’anarchico Rudolf Rocker (1873-1958). A guidarci nella scoperta del suo itinerario biografico e intellettuale è David Bernardini, giovane studioso del movimento anarchico e attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Milano “La Statale”.



Nadežda Mandel’štam. Una vita contro il Leviatano. Video-lezione di Francesco Pellegrino

 Dopo l’ultima video-lezione, dedicata a Rosa Luxemburg, DoPP si sposta dalla Germania guglielmina alla Russia sovietica e prende in esame una figura femminile particolarmente interessante, ancorché non propriamente definibile nei termini di una vera e propria pensatrice politica. La sessantunesima video-lezione di DoPP è infatti dedicata a Nadežda Mandel’štam (1899-1980), moglie di uno dei maggiori poeti russi del Novecento, Osip Mandel’štam (1891-1938). Al pari di altri precedenti casi analoghi, anche questa volta ci siamo concessi una piccola licenza. Come già anticipato, Nadežda non è infatti una pensatrice politica; cionondimeno il suo itinerario biografico e i suoi scritti assumono ai nostri occhi un particolare interesse, perché, attraverso la sua tragica esperienza di vittima delle purghe staliniane, ci permettono di comprendere più da vicino cosa abbia significato vivere sotto la minaccia del “leviatano totalitario”.
All’indomani dell’arresto del marito, avvenuto nel maggio del 1934, Nadežda è infatti costretta a sopravvivere per diversi decenni in condizioni di semi-clandestinità. Solo all’indomani della morte di Stalin e del graduale avvio della destalinizzazione, ella può rientrare a Mosca. Ciò non significa però il ritorno alla normalità. Anzi, sino alla fine della sua vita, Nadežda sarà costretta a convivere con il sospetto e con la paura. A guidarci nella scoperta del suo straordinario profilo intellettuale è, ancora una volta, Francesco Pellegrino, direttore d’orchestra e docente di lingua inglese e russa presso il liceo Gianbattista Bodoni di Saluzzo.



Rosa Luxemburg, una rivoluzionaria senza partito. Video-lezione di Federico Trocini

In occasione della sua sessantesima video-lezione, DoPP prende in esame una delle figure femminili più affascinanti della storia del pensiero politico e, al tempo stesso, una delle voci più autorevoli del socialismo internazionale, Rosa Luxemburg (1871-1919). Personalità dalle identità plurime – di famiglia ebraica, Rosa nacque in Polonia, fu suddita russa prima e suddita tedesca poi –, donna appassionata della vita e amante della natura nelle sue forme apparentemente più semplici – celeberrimo è, ad esempio, il brano della lettera all’amica Sonja Liebknecht del dicembre 1917, in cui Rosa piange amaramente di fronte allo spettacolo di un soldato tedesco che percuote selvaggiamente un bufalo – l’autrice di L’accumulazione del capitale (1913) è soprattutto «una rivoluzionaria senza partito», secondo una definizione molto efficace e pertinente di Hannah Arendt. Mettendo anzitutto a fuoco le ragioni che resero Rosa Luxemburg una figura per molti aspetti imbarazzante sia agli occhi dei socialisti, di cui contestò l’opportunismo politico, sia agli occhi dei comunisti, di cui stigmatizzò le possibili degenerazioni autoritarie, la video-lezione ne ripercorre poi la riflessione politica a partire da tre nodi teorici fondamentali: a) la ridefinizione del nesso tra riforma e rivoluzione; b) la concettualizzazione del rapporto tra masse e partito; c) la denuncia del rapporto tra capitalismo e imperialismo. A guidarci nel riesame della figura e dell’opera di Rosa Luxemburg è uno dei tre curatori di DoPP, Federico Trocini, storico del pensiero politico e collaboratore scientifico dell’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino.



Teorie politiche della cura e cittadinanza democratica. Video-lezione di  Maria Pia Paternò

Con la sua cinquantanovesima video-lezione, intitolata Teorie politiche della cura e cittadinanza democratica, DoPP inaugura una nuova rubrica, dedicata non più a singole figure di pensatrici, ma a tematiche di carattere più generale. In questo caso specifico abbiamo chiesto a Maria Pia Paternò, docente di Storia delle dottrine politiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, di introdurci al tema delle cosiddette “teorie della cura”, aitandoci a capire in cosa consistano, quali problematiche prendano in esame e quali siano le loro declinazioni sul piano pubblico e politico. In particolare, dopo averne ripercorsa brevemente la genesi a partire dal testo di Carol Gilligan, Con voce di donna (1982), Maria Pia Paternò ci spiega che il denominatore comune alla base delle diverse teorie della cura consiste, da un lato, nell’insistenza sulla vulnerabilità come cifra fondamentale della vita dell’uomo e, dall’altro, nella sottolineatura della capacità umana di coltivare forme di attenzione nei confronti degli altri. Ponendosi in rapporto critico con l’antropologia di matrice liberale, le teorie della cura avrebbero quindi iniziato a svilupparsi come opportunità di riflessione sul piano politico. Tale evoluzione sarebbe particolarmente evidente nei lavori di Joan Tronto, secondo la quale il nesso tra “care” e “democracy” invita a un ripensamento della cittadinanza intesa come riconoscimento di diritti e, al tempo stesso, come assunzione di responsabilità nei confronti sia di coloro con cui quotidianamente entriamo in contatto, sia, più in generale, del mondo in cui viviamo.



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